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Quando incontrai, per caso, questa frase il mio modo di interpretare la professione di farmacista aveva già iniziato a modificarsi e, come una pallina sula cima di un piano inclinato, procedeva veloce ed inarrestabile verso un unico epilogo: il cambiamento.
Come te, prima di diventare una coach professionista, ho vestito i panni di una “tradizionale” farmacista e ho vissuto in prima persona la reboante crisi di identità e di valori che oggi si insinua sotto il nostro camice e ci fa chiedere: lo continuo a lavare e stirare o lo ripongo per sempre?!
Anche ai farmacisti più convinti, in seguito alla gestione della pandemia, dopo la revisione del contratto collettivo e dopo aver assistito ad un graduale e sempre crescente abbandono della professione, forse un dubbio gli è sorto sulla gestione lavanderia del proprio camice.
A me di certo. Fino a che ho incontrato la citazione di De Bono, psicologo maltese autore di quello che conosciamo come pensiero laterale.
Il suo strabiliante potere fu quello di permettermi di vedere che il mio modo di ragionare sino a quel momento, o mindset se preferisci gli inglesismi, non aveva fatto altro che escludere ogni possibile prospettiva alternativa a quella che stavo vivendo. Nessun segno di creatività.
Osservando il cammino da farmacista dall’alto, mi è apparso subito chiara una cosa: io, come te, ho seguito un percorso lineare ed in linea con le aspettative, ho cioè strappato lungo i bordi, per utilizzare l’espressione metaforica di Zerocalcare. L’iscrizione all’università, farmacologia, chimica farmaceutica e biochimica (li ricordo particolarmente bene...), il tirocinio, l’esame di stato... uno dietro l’altro in un percorso netto, dritto, uguale per tutti.
Questo, non volendo, non ha fatto altro che contribuire, a parer mio, a costruire una mentalità rigida, avulsa al cambiamento, prudente e rigorosamente scientifica. Lo psicologo maltese chiama quest’attitudine pensiero verticale, pensiero che da amante delle strutture chimiche e dei dosaggi precisi non sapevo di abbracciare in toto. Perché se prima apprezzavo alcune delle sue caratteristiche principali, come il ragionamento logico analitico, l’attitudine al perfezionismo, la logica consequenziale, ora ne riconosco tutti i limiti.
Sviluppare un mindset rigido e verticale significa, come dice De Bono, ricercare sempre il giusto e lo sbagliato di ogni situazione, ci fa esprimere spesso con delle negazioni, ci mette nella condizione di pensare ad un'unica strada per raggiungere un obiettivo, agendo sempre con grande prudenza, battendo soluzioni già testate. Demonizza l’errore e non ammette cambi di fronte.
Una mentalità così porta a preferire l’insoddisfazione pur di non tradire la propria coerenza e a prediligere situazioni in cui dominano controllo, sicurezza e confort. Ti risuona?
Probabilmente molti di noi stanno abbandonando la professione perché sfiduciati, in attesa di un cambiamento, che riteniamo debba provenire dalle istituzioni, dai titolari, dagli organi competenti... Tutti attori sui quali non si ha direttamente il controllo. Una cosa, invece, possiamo farla in prima persona: cambiare mentalità.
Per iniziare a farlo approfondiamo ora insieme alcuni spunti presi direttamente dal coaching, gli stessi che hanno permesso a me di uscire fuori dagli schemi, pur mantenendo saldo il camice cucito addosso. Questi passaggi possono aiutarti a porti come protagonista di quello che sarà il tuo futuro professionale e di quello dell’intera categoria.
Definisci il tuo obiettivo:
In primis identifica l’obiettivo che ti dai nella professione, può essere migliorare la tua posizione, accrescere il tuo valore, ottenere riconoscimento dal titolare, avere più autonomia, avanzare nuove proposte ecc. L’obiettivo deve descrivere il tuo desiderio in poche parole ed essere formulato in positivo (perciò non vale la locuzione “non voglio”). Niente attaccamento, anzi prova a distaccarti dal tuo obiettivo descrivendolo come una breve didascalia chiara e precisa. Un buon obiettivo risponde ai criteri di specificità (definito, chiaro e concreto), misurabilità (quali indicatori permettono di identificare lo stato di avanzamento), attuabilità (è alla tua portata?), rilevanza (quanto è importante per te?), temporalità (definito nella tempistica, la scadenza), che compongono l’acronimo SMART.
Esplora
Chiediti che cosa sta impedendo al tuo obiettivo di realizzarsi. Gli ostacoli possono essere oggettivi, per i quali è necessario individuare una strategia per aumentare le proprie possibilità di successo. Non è raro, però, che quelli che ci appaiono più insormontabili appartengano ad una categoria totalmente soggettiva: le credenze.
“...Alcune nostre credenze hanno ristretto il nostro orizzonte di possibilità. Senza realizzare che un semplice atto di coraggio è tutto ciò che ci serve per trovare la nostra libertà” [D. Mattoni “Gli 8 passi per apprende ad apprendere”].
Una convinzione può essere ad esempio “ho sempre fatto così”, oppure “ogni volta è la stessa storia”.. Procedi individuando le convinzioni limitanti che stanno impedendo al tuo pensiero di percorrere nuove strade. Per farlo ci viene in aiuto Chris Argyris, psicologo americano, che negli anni 70 sviluppò la scala delle inferenze, capace di individuare le nostre convinzioni. Queste, dimostra nel suo processo, non sono altro che il frutto di una selezione parziale e limitata della realtà alla quale viene attribuito un significato soggettivo capace di farci formulare ipotesi e infine trarne conclusioni. Quando questo processo di riproduce ripetutamente, molte conclusioni dello stesso tipo portano alla cristallizzazione di una convinzione.
Se la tua è “non posso farci niente” l’unica opzione che hai è rimanere immobile. Risalire la scala delle inferenze fa comprendere quale aspetto ha permesso di arrivare a formare nel tempo una convinzione, e cambiarla.
Spremi le meningi in cerca di soluzioni
È normale che sino a qui l’attitudine abbia portato ad arrovellarti dentro al problema. La pigrizia del nostro cervello lo conduce con più facilità ad impegnarsi in attività poco dispendiose dal punto di vista energetico. È provato che concentrarsi sul passato, quindi sui problemi, richiede meno energia rispetto al ragionamento in prospettiva, quindi sulle soluzioni. Lo switch avviene quando ci rivolgiamo intenzionalmente a queste attingendo a piene mani al potenziale del nostro emisfero destro e alla sua capacità di produrre ragionamenti complessi. Per stimolare delle soluzioni creative prova a cambiare prospettiva. Ad esempio: “se dovessi consigliare ad un amico, cosa diresti”, oppure “che cosa non hai ancora attuato”, “pensando alla soluzione, cosa c’è immediatamente prima?”. Queste sono solo alcune delle tecniche di stimolazione del pensiero laterale, utili a valutare prospettive differenti.
Vivi l’insight, l’intuizione
Il processo creativo, per rimanere in tema di pigrizia del cervello, è in assoluto il più dispendioso in termini energetici. Per questo è impossibile trovare soluzioni creative quando siamo preoccupati, affamati, oberati di lavoro... Ma, quando ci concentriamo sul qui ed ora, in un momento di calma, come durante la meditazione, possiamo sperimentare la forza delle onde gamma. Da queste ha origine l’intuizione, che arriva forte come una scarica elettrica, figlia di dopamina e adrenalina.
Agisci con fiducia
Per raggiungere il tuo obiettivo servirà canalizzare queste energie dentro ad azioni pratiche, graduali e progressive. Completare ogni task aumenta il nostro senso di autoefficacia permettendoci di rivolgerci alle azioni successive con fiducia. Per questo è importante non porsi compiti troppo sfidanti che rischiano di bloccarci in partenza, ma nemmeno troppo semplici, incapaci di motivarci.
Il blocco logico/cognitivo, che ci ha impedito sino ad ora di valutare prospettive diverse dalla posizione attuale, è solo uno delle possibili resistenze che possiamo incontrare quando intendiamo perseguire un obiettivo di cambiamento. Ma, essendo figli della logica, forse, superarlo è anche la nostra sfida più complessa.
Ecco che allora, concludendo, il coaching diventa un modello al quale potersi ispirare, dove la consequenzialità fine a sé stessa passa in secondo piano, lasciando emergere aspetti in grado di arricchire il vissuto personale e permettere, al contempo, un’evoluzione professionale. Abbandonata definitivamente l’idea del giusto e dello sbagliato, di quell’essere completamente compresi dentro ai bordi immaginari della nostra mente, ecco che si fa largo un nuovo modo di essere ciò che dentro di noi già siamo, dei farmacisti insight.