Il futuro per le Farmacie
Luglio 13, 2023La nutrizione intuitiva nelle varie fasi della vita della donna
Novembre 15, 2023La cannabis, storicamente demonizzata a causa delle sue attività psicotrope, sta trovando sempre maggior impiego in campo terapeutico. L’escalation che ha avuto dalla sua autorizzazione alla commercializzazione in campo farmaceutico è notevole infatti dal 2014 la richiesta di cannabis medica è aumentata in maniera costante, di anno in anno fino ad oggi, la ricerca si è sempre più concentrata nella scoperta di questa infiorescenza, delle sue proprietà e delle sue componenti. La necessità al ricorso della cannabis medica ha origine in realtà per la scarsa aderenza terapeutica di molti pazienti all’unico medicinale contenente cannabinoidi allora in commercio, il Sativex®, che causava numerosi effetti collaterali in chi lo assumeva.
Dal 2014 infatti abbiamo imparato a conoscere la Bedrocan come infiorescenza maggiormente richiesta in un’epoca dove i medici davano importanza unicamente al THC, per poi riconoscere attività anche al CBD e quindi riconoscere che differenti infiorescenze con differenti titolazioni di cannabinoidi potevano dare esiti clinici differenti, fino ad arrivare alla cannabis light e agli oli di CBD di libera vendita e al successivo DM in vigore dal 20 Settembre che ha inserito il CBD di origine vegetale tra le sostanze stupefacenti provvedimento oggi sospeso dal TAR del Lazio fino al 16 Gennaio 2024.
Anche in ambito estrattivo abbiamo visto una costante evoluzione. Inizialmente si preparavano solamente cartine con le quali il paziente, estemporaneamente, a casa propria preparava un decotto facendo bollire le infiorescenze macinate in acqua per ottenere una soluzione acquosa, prettamente instabile proprio per la natura dei componenti del fiore, di natura liposolubili. Da qui siamo passati dalla metodica Romano-Hazekamp, che non prevedeva la decarbossilazione, alla metodica SIFAP, alla metodica Calvi.
Il problema noto da sempre nell’estrazione della cannabis, anche a fronte della titolazione da effettuare obbligatoriamente per ogni preparazione e da consegnare al paziente, era la standardizzazione del processo estrattivo con un conseguente costante titolo di cannabinoidi.
In questo sono intervenute le aziende. Farmalabor, che ha iniziato la distribuzione con estratti standardizzati da piante ibride a varie titolazioni di cannabinoidi distribuendo protocolli di miscelazione di vari estratti, rendendo quindi la preparazione della cannabis molto più accessibile, meno complicata, più standardizzabile nel titolo dei cannabinoidi e sgravando il farmacista dell’onere della titolazione. Operazione che ha visto l’azienda di Canosa di Puglia proporsi ai tavoli regionali per l’inclusione dei loro estratti standardizzati nei piani terapeutici per la rimborsabilità del farmaco in numerose regioni italiane.
Ma oggi, dopo quasi 2 anni dall’inizio della commercializzazione degli oli standardizzati, come lavorano le farmacie sul territorio che si occupano di distribuire medicinali contenenti cannabinoidi sul territorio? Hanno richieste in aumento? Abbiamo sottoposto un questionario anonimo alle farmacie proprio su questo argomento.
L’89% delle farmacie interrogate, prepara oltre 100 preparazioni di oleolito di cannabis all’anno. Il 44,4% dei partecipanti al sondaggio, lamenta il fatto che gli estratti standardizzati non sono ancora entrati nei protocolli regionali di terapia, segno che non sono ancora rimborsabili per il SSR, ma potrebbero arrivare richieste per le preparazioni a pagamento, ma seppur nel 55,6% dei farmacisti che hanno partecipato al sondaggio, dichiarano di avere in farmacia almeno un estratto standardizzato di cannabis da impiegare per realizzare oleoliti da dispensare ai pazienti, nel momento in cui viene loro chiesto di definire quante preparazioni realizzano con tale estratto, l’88,9% dei farmacisti partecipanti dichiara che lo impiega per meno del 10% delle preparazioni.
Alla richiesta di come i farmacisti vedono l’impiego di estratti standardizzati nel futuro della farmacia, il 44,4% ritiene che si creerà un mercato parallelo a quello delle infiorescenze, il 33,3% lo ritiene il futuro della cannabisterapia mentre il 22,2% ritiene che il mercato degli estratti standardizzati verrà arginato in breve tempo.
Riassumendo i pareri di alcuni di loro, per chi ritiene che la diffusione degli estratti standardizzati sia il futuro delle estrazioni oleosi con cannabinoidi, ritiene che sia una situazione assimilabile ad altre “ere” della farmacologia in cui si vedeva la morfina, che originariamente veniva estratta dall’oppio, sintetizzarsi in laboratorio. Da sempre le aziende hanno investito nello sviluppo delle tecnologie e della standardizzazione di prodotti di origine vegetale per ottenere un prodotto maggiormente stabile e facilmente riproducibile e quindi la cannabis non può che seguire questa via che tornerebbe utile anche in merito alla questione della titolazione che non diventerebbe più necessaria, permettendo quindi di superare il problema della titolazione per singolo paziente.
Non tutti però la pensano alla stessa maniera, infatti molti sono convinti che il valore aggiunto dell’estrazione sia il cosiddetto effetto entourage che preveda una estrazione di molte più sostanze oltre che dei cannabinoidi THC e CBD. Si ricorda infatti che l’estratto oggi disponibile deriva da infiorescenze ibride...che non sono le stesse ad esempio del Bedrocan (Sativa). Si parla quindi di genetiche differenti in grado di offrire estrazioni in olio differenti e per questo, secondo alcuni dei partecipanti al sondaggio, la storia dell’estrazione oleosa di cannabis da effettuarsi in farmacia non sarebbe finita qui.